“Dio liberato” , il romanzo capolavoro di Marcello Fanfoni
Dio liberato è un inno alla sessualità, all’eros, alla libertà più sfrenata, alla quale, se si imponessero dei confini non potrebbe più essere chiamata in tal modo.
“Merita la vita eterna chi ha visceralmente amato la vita in tutta la sua struggente caducità, nella sua delicata fragilità, merita l vita soltanto chi l’ha abbracciata, accolta totalmente in sé, chi vi si è sprofondato, chi vi si è abbandonato senza remore e timori, chi non ha avuto paura dell’attimo effimero né l’ha denigrato o boicottato, ma al contrario lo ha amato con una tale cura, con una tale spassionata dedizione, con una tale abnegazione da meritarne, appunto, una sequenza incalcolabile, senza fine!”
Dio liberato è la prima opera di narrativa pubblicata dall’editore Robin Edizioni e scritta da Marcello Fanfoni. Già autore di due saggi su Joyce pubblicati dall’editore Book Time e di un libro per ragazzi edito Einaudi, l’approdo di Fanfoni nella narrativa porta con sé molti degli elementi che si ritrovano anche all’interno delle sue precedenti pubblicazioni: in primis un amore viscerale (che ben si accompagna alla conoscenza approfondita) per la storia e la cultura russa (in cima il poeta Puškin); in secundis un’affascinante devozione per la musica lirica e per i grandi compositori del Settecento. La musica, i culti politeisti dell’Antico Egitto, il paganesimo in contrapposizione con il cristianesimo e il cattolicesimo si fanno cassa di risonanza di una storia che infrange i canoni e sospende i lettori tra una dimensione immateriale e una più tangibile. Ma i confini tra l’uno e l’altro mondo si fanno spesso incerti: ciò che è scientificamente provato si mescola a ciò che trova ragione solo nel misticismo e nell’ultraterreno. E spesso, tra le cinquecento pagine che compongono Dio liberato, come di frequente accade, l’illusione e le convinzioni radicate nella nostra tradizione si fanno più potenti e valide di ciò che invece è dimostrabile.
Le vicende di Bianca, Margherita ed Erica si intersecano a quelle che coinvolgono i loro genitori, Serena, Enrico, Martino e Milena. Ognuno a proprio modo, tutti gli attori che prendono parte alla storia sono intrappolati in un microcosmo privato, inaccessibile all’esterno poiché spesso distante dall’immagine che essi vogliono trasmettere di sé – e in combutta con ciò che viene tradizionalmente ritenuto accettabile o meno. Eppure, soprattutto nella propria interiorità i personaggi del romanzo possono raggiungere la loro pienezza. Per questo Dio liberato è un inno alla libertà più sfrenata, alla quale, se si imponessero dei confini non potrebbe più essere chiamata in tal modo. Un’ode alla sessualità disinibita, alla comunione dei corpi, in un universo in cui gli esseri umani sono prepotentemente invocati dalle loro passioni e desideri più viscerali, ma dove tutti non mancano di recitare la parte che è stata assegnata loro. E infatti, sarà proprio una città-bordello uno dei luoghi che si incontrano nell’epilogo del romanzo, dove gli uomini si recano per abbandonarsi al piacere prima del suicidio, un luogo che nell’immaginario collettivo dei protagonisti viene percepito come sacrilego, ma che infine non si differenzia tanto da ciò che i culti classificano come l’inferno per indirizzare gli esseri umani. Perché il dio in cui crediamo, per cui sono state combattute stragi e spargimenti di sangue, ingiustizie e classificazioni arbitrarie, in realtà è un Dio in trappola che attende la propria liberazione. È un dio che altri hanno creato, relegandolo in una dimensione claustrofobica, eretta a fonte di ansie per i comportamenti condotti dagli esseri umani.
Quella raccontata da Fanfoni non è solo una libertà sessuale, ma una libertà che dovrebbe guidare ogni essere umano in tutti gli aspetti della propria vita: dalla libertà di essere sé stesso fino a quella di esprimersi come meglio si ritiene, lontano dai pregiudizi e dalle supposizioni arbitrarie. Una libertà anche religiosa, se vogliamo, dove la fede non viene concepita come qualcosa di castrante (così come si presenta) ma anzi come un atto di liberazione (e quindi, così come dovrebbe essere per Fanfoni).
Tutto esordisce da una strana apparizione nel cortile del liceo Pindaro di Milano, quando la diciassettenne Bianca assiste alla comparsa di una presenza ultraterrena a cui subito ci si comincia a riferire come la Signora Madonna, la Madre di Gesù e altri appellativi scomodati per giustificare l’evento incomprensibile. Ma in realtà ciò che è accaduto non fa altro che confondere il lettore (oltre ai protagonisti), e lo costringe a guardare ciò che la morale collettiva reputa assurdo: la libertà e l’emancipazione sessuale. In fronte a questa repulsione verso ciò che esiste ma sconvolge, dall’altra parte si fa prima a convincersi che la visione della giovane studentessa sia reale e concreta e che essa abbia assistito a un miracolo. Ma sarà la Madonna il personaggio misterioso che si presenta dinnanzi alla diciassettenne?
Dio liberato si consegna ai lettori come un’opera impegnativa, una grido di rivolta davanti all’omologazione, davanti alle catene che non possono che essere il frutto di una società che ha fatto del pudore e dell’orrore per la nudità culto inviolabile. E Fanfoni, invece, viola tutto, a partire dal linguaggio rimbaudiano, sempre schietto e impudico, al limite dell’osceno. distrugge i canoni, impugna la lingua italiana e non si ferma per darsi un contegno, per utilizzare una parola piuttosto che un’altra. La sua opera è libera, è il primo atto della liberazione di un dio intrappolato: rompe i cardini ed erge l’eros a qualità e dote imprescindibile, da cui l’essere umano si sottrae per compiacere una soddisfazione che non gli è mai appartenuta, in quanto è la società ad averla istituita: il pudore e il finto-moralismo.
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