È stata la mano di Dio”, la novità cinematografica di Paolo Sorrentino
A cura di Sara Ramondino
Durante l’ultima settimana di novembre si è registrato un incremento del flusso di spettatori nei cinema del Napoletano per l’ultima pellicola cinematografica di Paolo Sorrentino, “È stata la mano di Dio”.
Inaugurato al “Metropolitan” di via Chiaia lo scorso 17 novembre, il film ha visto la partecipazione straordinaria degli attori Toni Servillo, Luisa Ranieri e di Filippo Scotti nei panni del giovane protagonista Fabietto Schisa.
Le riprese hanno avuto inizio nell’estate del 2020 e la bella stagione ha permesso di poter girare le scene nei posti più fantastici e scenografici della Campania, a partire dalle località della Penisola Sorrentina, della Costiera Amalfitana e del quartiere Posillipo. Dunque il film ha di sicuro rappresentato anche un modo per far conoscere i meravigliosi paesaggi che il Sud offre.
“È stata la mano di Dio” è il racconto di una parte della vita del regista napoletano in cui narra la propria gioventù insieme ai piaceri e ai dolori vissuti nella splendida cornice della città partenopea. Ma l’irrefrenabile amore per la propria terra non riuscirà a trattenerlo dalla partenza verso Roma, verso un viaggio quasi ‘costretto’ ma che comunque gli porterà tanta fortuna e impegno per crescere, formarsi e diventare il popolare registra che è attualmente. Tuttavia limitarsi a definire il film soltanto una sorta di ‘autobiografia’ significa, comunque, non comprendere appieno il messaggio complesso che Sorrentino vuol far trasparire e veicolare dalla sua ultima pellicola.
La Napoli degli anni Ottanta
L’ambiente scelto è quello della Napoli degli anni Ottanta in pieno fermento e riscatto ideologico, culturale e sociale soprattutto grazie all’icona intramontabile e monumentale di Maradona. Anche l’apparente casualità dell’uscita del film con l’anniversario della morte del mito calcistico argentino trascina con sé un grande significato simbolico. C’è da dire, però, che il film ha ben poco a che vedere con Maradona in sé e con la sua storia, dal momento che questo fa semplicemente da ‘sfondo’ alla storia del giovane Fabietto (Paolo), grande tifoso del Napoli e innamorato del “D10S”.
In diverse scene del film, infatti, spesso si intravede nel salotto di casa di Fabietto il televisore di quegli anni dove va in onda una partita del Napoli con Maradona che segna il goal. Ma l’intento di Sorrentino non è affatto soffermarsi sulla figura del “D10S” in sé ma far comprendere l’impatto antropologico e sociologico che Maradona ha avuto sul popolo napoletano in quegli anni. Inoltre il tema cardine del film è il carattere tragicomico dell’esistenza umana, in cui a situazioni – spesso – di estremo piacere e libido, si alternano momenti drammatici, tragici, che svuotano completamente l’animo umano. Uno di questi è per esempio la morte dei genitori di Fabietto per un banalissimo incidente domestico a Roccaraso. Il giovane aveva deciso di non accompagnare i suoi in vacanza in montagna, perché quel giorno stesso della partenza c’era la partita del Napoli e rinunciare a vedere Maradona sarebbe stato impensabile. Ma il ‘caso’ aveva deciso che Fabietto quella sera a Roccaraso a casa dei suoi, sventuratamente deceduti per inalazione da monossido di carbonio, non ci dovesse essere. E così è stato. La partita del Napoli – paradossalmente – lo aveva ‘salvato’. “La mano di Dio”, ovvero Maradona, gli aveva – in un certo qual modo – ‘dato scampo’, preservandogli la vita da quel terribile incidente. Da qui è nata l’idea del titolo del film.
Eros e Thanathos, concetti ripercorribili durante il film
“È stata la mano di Dio” è un film che può destare piacere come può anche non farlo e magari qualcuno può non rimanerne del tutto affascinato. Di certo qualcuno potrebbe restare quasi ‘allibito’ o provare un senso di ripugnanza nel vedere alcune scene un po’ crude e spinte, come quella di Fabietto che viene sedotto dalla sua vicina di casa, un’anziana e lussuriosa baronessa; o qualcuno potrebbe rimanere ammaliato dalle brevi scene di nudo che vedono ‘protagoniste’ le curve sontuose della sensuale Luisa Ranieri. Da queste scene emergono una serie di elementi tanto cari alla filosofia greca, legati ai concetti di Eros e Thanatos, di desiderio e morte. Entrambe le condizioni che attraversano e caratterizzano da sempre l’intera esistenza umana.
Alla delirante notizia della perdita dei genitori, Fabietto impazzisce, soffre come non mai e si trova costretto ad ingerire – così giovane e a soli diciassette anni – un dolore che si trascinerà per la vita. L’unica ‘donna’ e ‘musa ispiratrice’ ad acquietare le sue sofferenze e a far rifiorire la sua libidine è la sensuale zia (Luisa Ranieri) con cui non avrà mai un contatto fisico ma sicuramente mentale. Fabietto vive il suo ‘amore platonico’ con la bella zia, per motivi leciti carnalmente irraggiungibile; mentre l’anziana baronessa lo seduce con la maestria della sua esperienza e riesce a farlo ‘precipitare’ nella morsa di una sessualità assurda, ignobile ma che gli consentirà di crescere, di guardare avanti tanto da decidere di prendere il primo treno per andare a Roma.
Anche l’incontro con un furioso attore napoletano per Fabietto rappresenterà un’ulteriore occasione per fare le valigie e andarsene, il quale non riuscirà ad aiutarlo a realizzare i suoi desideri. Ché il sogno più grande del giovane è, in realtà, quello di lavorare nel cinema, unica forma d’arte attraverso cui poter esprimere tutto la sua mestizia. Ma Napoli – triste a dirsi – non gli consente di guardare avanti; tutto sembra rievocare in lui il suo trascorso, la sua infanzia, il suo affetto per la mamma e il papà perduti da poco. Nemmeno le onde del mare che lambiscono la costa e il golfo di Napoli riescono a trattenerlo dal farsi affossare dal dolore. L’unica via d’uscita è partire ed andare via da tutto ciò che gli ricordi la perdita dei cari e amati genitori.
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