L’infinita storia del Piano Pandemico Nazionale
Bruno Marfé con Sara Ramondino
È di poche ore fa la notizia secondo la quale il Direttore aggiunto dell’OMS ed ex direttore generale del Ministero della Sanità, Raniero Ruggeri Guerra, risulterebbe indagato dalla procura di Bergamo per false dichiarazioni rilasciate al P.M. nell’ambito dell’indagine sulla diffusione del Covid nel bergamasco ed i casi a Nembro ed Alzano al Lambro.
Solo pochi giorni fa si era tornati a parlare della vicenda Zambon collegata alla redazione del Piano Pandemico Nazionale che l’OMS raccomandava a tutti i Paesi di mettere a punto quando divenne concreto e persistente, alla fine del 2003, il rischio di una pandemia influenzale viste le conseguenze dell’influenza aviaria causata dal virus A/H5N1. Ed era chiara l’esigenza di redigere, e di aggiornarlo costantemente, un documento che, seguendo linee guida concordate, doveva essere una “strategia di risposta ad una pandemia che richiede il coinvolgimento non solo del settore sanitario, ma della società nella sua interezza, con il coinvolgimento diretto delle singole persone”.
Come si ricorderà la relazione inviata all’OMS dal gruppo di ricerca guidato da Zambon, subito pubblicata venne immediatamente rimossa, divenendo oggetto di un approfondimento della trasmissione di RAI3 Report che con un accurato servizio, nel quale furono mostrati diversi documenti interni, rivelò le pesanti pressioni che Ranieri Guerra, Direttore Vicario dell’OMS, aveva rivolto al ricercatore.
Dunque le notizie dell’11 marzo sulle dimissioni del funzionario dell’ufficio di Venezia dell’OMS e del 9 aprile sulla presunta indagine su Ranieri Guerra, riaprono il dibattito con una sempre maggiore moltitudine di interrogativi.
Per molti la fuoriuscita di Zambon dall’organizzazione si è configurata come una vera e propria ‘ingiustizia’, tanto da indurre alcuni a pensare che questi sia stato quasi ‘costretto’ ad accettare la perdita dell’incarico. Questo perché, il rapporto del 13 maggio 2020 era molto critico sulla gestione della prima ondata di Covid-19 da parte del governo italiano e nonostante avesse ricevuto il timbro da parte dello Chief Scientist, Soumya Swaminathan, fu censurato e fatto sparire immediatamente 24 ore dopo.
Già in un articolo del 10 gennaio scorso pubblicato da “Open” è riportata la cruda testimonianza di Zambon: «Ranieri Guerra mi chiedeva di falsificarlo (…) Quando ricevetti la mail con tono intimidatorio pensai che Guerra fosse in buona fede, e chiesi una verifica su tutti i piani pandemici dal 2006. Poi mi accorsi che non si trattava di buona fede ma di un copia e incolla (…) Guerra stava cercando di coprire o mi chiedeva di falsificare qualcosa in un periodo in cui lui era stato direttore per la prevenzione. Quindi io vedevo un conflitto di interesse rispetto al ruolo che occupa oggi».
E ancora si legge in merito al senso di solitudine che lo circondava: «Sono solo, ben consigliato dai miei avvocati, ma dall’Oms non ho avuto grande solidarietà, semmai l’ho avuta dai cittadini italiani. Non è una situazione facile, provo solitudine, la mia non è una battaglia contro l’Oms, ma a fianco dell’Organizzazione (…) Non sono mai sparito dai radar dell’Oms come dice Ranieri Guerra. Con lui i rapporti erano cordiali fino al 15 maggio quando mi chiese di cambiare una data e non era corretto. La tensione si apre molto decisa sulle mie osservazioni in merito al fatto che il piano era vecchio. Non è vero che l’Oms non aveva aggiornato le linee guida dal 2006. Brusaferro e Speranza erano infastiditi».
Testimonianze queste anche a “Non è l’Arena” di Giletti su La7, dove Zambon è stato ospite al programma lo scorso gennaio per un’intera serata dedicata al tema.
Nella puntata di “Report” del 21 dicembre 2020 sempre nel dossier imperniato sull’argomento, si è fatta menzione anche dell’intervista rilasciata da Zambon all’agenzia statunitense “Associated Press” a cui questi lasciò testuali parole: «I couldn’t be silent», ovvero, «Io non potevo tacere»; parole scioccanti che ancor più han seminato dubbi nell’opinione pubblica e in quegli “italiani” in cui Zambon ha ricevuto il massimo supporto.
Per sbrogliare meglio la matassa relativa ai misteri legati al presunto piano pandemico, in un articolo del 9 novembre 2020 del “Corriere della Sera” dal titolo: « “Scorta di antivirali entro il 2006”: ma il documento è del 2017. Quel copia e incolla nel Piano pandemico», il giornalista Armando di Landro fotografa uno scenario raccapricciante e parla, addirittura, di “epidemia colposa”, proprio per la mancanza di un adeguato e serio piano sanitario per contrastare future pandemie. È nel novembre del 2020 che la Procura di Bergamo ha posto le prime indagini su questo presunto ‘copia e incolla’ tra il documento del piano pandemico del 2006 e quello del 2017.
A questo proposito Ranieri Guerra è stato sottoposto dal pm a un interrogatorio di circa cinque ore. Questi, per giustificare l’ ‘equivoco’, ha dichiarato che non è stato necessario apportare grandi e particolari modifiche nel nuovo documento, poiché in 11 anni non si sono verificate condizioni epidemiologiche di rilievo da indurre a modificare le linee guida del documento del 2006 per la prevenzione di possibili epidemie. Per questo i due documenti, dunque, sono apparsi ‘simili’. Somiglianze che comunque hanno insospettito i magistrati di Bergamo e che li ha indotti a portare avanti ulteriori ricerche.
In un’intervista rilasciata su “Repubblica” il 21 dicembre scorso, Zambon ha dichiarato: «Ho svelato le pressioni dell’OMS, ma ora temo ritorsioni (…) Vado a lavoro come sempre ma non sono per niente tranquillo. Ogni giorno mi aspetto telefonate strane da Ginevra che mi annunciano novità spiacevoli».
Su un articolo dell “AGI” sempre di dicembre è possibile leggere le parole di Vittore d’Acquarone, il legale di Zambon: «Zambon è una persona in questo momento molto provata da una situazione che si trascina da molti mesi». Mesi, pertanto duri, per lo sventurato medico specializzato in programmazione sanitaria, che sono sfociati esattamente una settimana fa con le dimissioni del medesimo. «Ingiustizia all’OMS – ha commentato il giornalista Nicola Porro – Insomma, siamo alle solite: finisce travolto chi osa dire come stanno le cose, chi rende un servizio alla verità, mentre chi ha sbagliato (Guerra, in effetti, è uno dei vari tecnici ministeriali che non ha aggiornato il piano pandemico) rimane al suo posto. Così va l’Italia».
Ma la scelta di dimettersi è stata indotta o è avvenuta per volontà stessa di Zambon? “Report” lo ha rintracciato nuovamente per saperne di più a riguardo, ma il medico a questa domanda ha preferito non lasciare alcuna dichiarazione e non ci resta che attendere la trasmissione del prossimo 12 aprile per avere ulteriori aggiornamenti nella speranza che si possa far luce su questa vicenda ancora dai risvolti oscuri. Intanto la mobilitazione a favore di Zambon si fa sempre più massiccia come è dimostrato dal considerevole numero di partecipanti raggiunto dal gruppo “Tutti con Francesco Zambon” creato da Gianni Lo Conti su FB.
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