Napoli, protesta dei lavoratori dello spettacolo: «Il lavoro non è un favore»

Napoli, protesta dei lavoratori dello spettacolo: «Il lavoro non è un favore»
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Chiediamo un tavolo interministeriale con il ministero del Lavoro e il Mibact per una riforma totale del settore

Napoli, lavoratori dello spettacolo sono scesi in piazza, davanti al teatro Mercadante, Stabile di Napoli e luogo simbolo dell’investimento statale nel settore, per chiedere un «tavolo interministeriale con il ministero del Lavoro e il Mibact per una riforma totale del settore».

A un anno da quando è calato il sipario a causa della pandemia, attori, tecnici, musicisti, maschere che lavorano in cinema e teatri, ma anche titolari di aziende che si occupano di service nei settori dello spettacolo, concerti, danza, teatro, riuniti sotto la sigla Coordinamento Arte e Spettacolo Campania, sono tornati a far sentire la propria voce così come è successo in altri 25 luoghi di Italia.

La manifestazione si è spostata fuori alla stazione marittima, dove i lavoratori hanno effettuato un blocco stradale. Successivamente si sono diretti uniti in corteo verso la sede dell’accademia delle belle arti.

“Il lavoro non è un favore” e “le briciole aumentano la fame”. Questi gli slogan esposti all’ingresso del Mercadante. Non sono mancati striscioni e cartelli di protesta contro il ministro dei beni culturali Dario Franceschini.

Il ricordo dei colleghi che non hanno retto la crisi

Come riporta Il Mattino, i manifestanti hanno protestato ricordando le storie dei loro colleghi che non hanno retto il peso della crisi economica indotta da quella sanitaria.

«La condizione dei lavoratori dello spettacolo è molto mal raccontata – ha dichiarato Luca Iervolino, membro del coordinamento e dei SI Cobas.

Spettacolo – Dire che con 5.000 euro all’anno non si campa e che soltanto il 10-15% del settore ha ripreso a lavorare non fa molto effetto.

Sarebbe bene ricordare la storia di Adriano Urso, pianista jazz di Roma, che ha dovuto fare il rider per sopravvivere, ed è morto d’infarto sul lavoro spingendo la sua stessa macchina; e di Omar, un compagno del coordinamento veneto, che a maggio aveva dichiarato che non sarebbe arrivato fino a dicembre, ha poi resistito fino a tre giorni fa, quando è entrato in un capannone e si è sparato un colpo in testa».

di PC

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