“Non potevo rimanere in silenzio”. Intervista esclusiva a Francesco Zambon
di Sara Ramondino e Bruno Marfé
Le dimissioni di Francesco Zambon continuano a far discutere e sollevare interrogativi nell’opinione pubblica. Dopo le puntate di “Report” – quando furono svelate alcune chat su WhatsApp tra Ranieri Guerra, vicario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – e di “Non è l’Arena” – con la pubblicazione di ulteriori mail, la vicenda del ritiro del rapporto sulla pandemia in Italia scritto dai ricercatori dell’OMS di Venezia è sempre sulle pagine dei giornali anche per la pubblicazione del libro di Zambon “Il pesce piccolo”.
Dalla lettura del messaggio WhatsApp «Sono stato brutale con gli scemi del documento di Venezia – ha scritto Guerra a Brusaferro – Ho mandato scuse al Ministro, poi sono andato su Tedros e fatto ritirare il documento» è possibile intuire tutto l’astio e il livore di Guerra nei confronti di Zambon e della sua équipe di ricercatori; la carica emotiva che emerge nell’apostrofarli come “scemi” e “Somarelli di Venezia”, fa tanto discutere e pone una serie di dubbi e domande circa l’operato di Guerra e dei suoi colleghi. E a poco serve la recente intervista rilasciata da Guerra nella quale il direttore vicario cerca di spiegare la sua posizione che sembra però più un velato avvertimento all’OMS e al Ministero dai quali Guerra si sente abbandonato… «Mi aspettavo la difesa di OMS e Speranza» che a suo dire non hanno fornito «… gli elementi fattuali necessari per ristabilire la verità» aggiungendo la sua riflessione «E’ un obbligo morale nei confronti delle persone, spesso toccate direttamente dagli effetti dalla pandemia, che sono state condotte per mano mediatica sapiente ad una lettura travisata e interessata dei fatti, con scopi che mi auguro possano diventare chiari a tutti: quello che è successo è diverso da quanto Zambon racconta in modo superficiale e con toni quasi divertiti, molto più complesso e articolato: un intero Paese che soffre e che piange, ma che ha reagito alla catastrofe così potentemente rispetto a tutti gli altri colpiti duramente e in maniera analoga, merita rispetto, merita verità e merita amore, soprattutto dai propri figli. Zambon ha profondamente ferito il proprio Paese mistificando i fatti, ha denigrato la propria organizzazione ed i colleghi, in un crescendo rossiniano narcisistico ormai non più tollerabile».
In effetti l’OMS continua a negare ai media l’implicazione di Tedros nell’insabbiamento del rapporto veneto nonostante una relazione stilata da Guerra e inviata poi al Direttore dell’OMS smentisca ciò. Infatti in questo documento Guerra dichiara di aver lavorato tra il 13 e il 15 maggio 2020 per aver reso il “rapporto pienamente accettato”; un modo elegante per nascondere il vero problema, ovvero, che il documento avrebbe comportato una serie di complicazioni al Governo italiano. E Tedros era a conoscenza di queste dinamiche e aveva fornito il suo aiuto per occultare le tracce di tutte le possibili conseguenze politiche. E l’oscuramento del dossier, che faceva luce sul dato aberrante di un piano pandemico italiano vecchio di quattordici anni (risalente al 2006), è stata una mossa strategica da definirsi – quantomeno – ‘diabolica’… Molti decessi e sovraffollamenti negli ospedali si sarebbero potuti evitare o, perlomeno, fronteggiare con strumenti più adeguati se l’Italia avesse seguito le direttive di un piano pandemico aggiornato. Ciò ha spinto la Procura di Bergamo ad indagare intorno al comportamento dell’OMS per essere stata responsabile di epidemia colposa e per falso. La Procura bergamasca ha anche presentato una rogatoria dove chiede all’OMS il motivo per cui abbia ritirato il rapporto critico di Zambon che aveva ottenuto non solo l’approvazione scientifica ma metteva in risalto al mondo intero tutta l’inadeguatezza dell’Italia di fronte a una crisi sanitaria. Fra i diversi indagati c’è Ranieri Guerra che avrebbe mentito ai magistrati specialmente in merito all’obsolescenza del piano pandemico. E dunque appare abbastanza chiaro che Guerra cerchi di attaccare dando la colpa ad altri. A chi non ha dato ancora la colpa? E le sue ricostruzioni appaiono fantasiose non approfondendo, non a caso, le chat dove dice ‘ho fatto ritirare il rapporto’.
Ciò anche probabilmente per innalzare ancor più un polverone di dubbi e dibattiti.
Abbiamo quindi chiesto un’opinione in merito al diretto interessato. Francesco Zambon dice di essere profondamente amareggiato da queste affermazioni, che arrivano dopo un anno estremamente difficile proprio per ‘colpa’ del rapporto censurato. «Non credo affatto di aver ferito il mio Paese. Direi l’esatto opposto, avendo cercato di fare chiarezza su una bruttissima storia e rimettendoci in prima persona. Il narcisismo è proprio una cosa che non mi appartiene».
Gli abbiamo poi chiesto di rispondere ad alcune domande partendo innanzitutto dalle sue dimissioni che rappresentano una vera e propria ingiustizia, dal momento che si presume che sia stato quasi ‘costretto’ ad accettare la perdita dell’incarico.
Ritiene che queste supposizioni circa le sue dimissioni ‘forzate’ abbiano un fondamento?
«Diciamo che è stato un anno davvero molto difficile. Ho investito 13 anni della mia vita nell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per un medico di sanità pubblica, poter lavorare all’OMS credo sia una delle massime aspirazioni. E lo stato anche per me, facendo dei progetti interessantissimi. Purtroppo però nell’ultimo anno ho avuto modo di constatare che spesso molti dei valori fondanti dell’OMS, lo sono solo sulla carta. Ad esempio l’indipendenza dell’Organizzazione, o il rispetto dello staff. Quando ricevetti pressioni per modificare un testo approvato a tutti i livelli – per quanto qualcuno dica che non lo fosse – riportai questa violazione che derivava da un conflitto di interesse personale immediatamente agli organi di controllo. Ero sicuro che avrebbero agito tempestivamente. Invece non solo non lo hanno fatto, ma – essendo una questione molto delicata – hanno evitato il problema fintanto che non è esploso nella stampa di tutto il mondo, quando ormai era troppo tardi porvi rimedio. Il rapporto di fiducia con l’Organizzazione si è quindi irrimediabilmente compromesso e mi sono trovato nelle condizioni di non poter più lavorare serenamente. Certamente non è stata una scelta facile, diciamo che mi hanno instradato in una via a senso unico».
In un articolo del 9 novembre 2020 del “Corriere della Sera” dal titolo: « “Scorta di antivirali entro il 2006”: ma il documento è del 2017. Quel copia e incolla nel Piano pandemico», il giornalista Armando di Landro fotografa uno scenario raccapricciante e utilizza l’espressione “epidemia colposa”. Crede sia corretto attribuire questa espressione alla situazione che stiamo vivendo? Il Governo italiano può ritenersi davvero ‘colpevole’ della situazione critica sanitaria che ha investito il nostro Paese soprattutto durante la prima ondata? Pensa che anche una scarsa presenza della medicina territoriale sia il risultato di questa grave negligenza del Governo?
«Questo è un compito molto arduo, ora con la Magistratura. La rete causale che ha portato alla situazione in cui ci siamo trovati all’inizio della pandemia e anche a quella in cui ci troviamo ora è complessissima. Bisogna prima costruire questa rete causale e poi cercare di attribuire le responsabilità istituzionali e personali per ogni nodo della rete. Non sarà facile. Tuttavia è un passo fondamentale per essere meglio preparati alle prossime pandemie. Non fare questa specie di “auto esame” sarebbe una colpa ancora più grave della impreparazione che ha colto noi e il mondo all’inizio della pandemia. Un piccolo esempio di questo lo abbiamo con quello che è successo nella seconda ondata, che è stata peggio della prima e a cui credo avremmo potuto – a differenza della prima – essere meglio preparati.
Relativamente alla medicina territoriale, non c’è dubbio il Covid abbia messo sotto gli occhi di tutti il suo ruolo fondamentale. Le regioni che hanno una medicina territoriale più sviluppata hanno reagito meglio, si è capito subito che il virus si combatte nel territorio. Quando si arriva in ospedale è troppo tardi. Purtroppo nel nostro paese la medicina territoriale è stata, soprattutto negli ultimi decenni, la cenerentola della sanità. Ora non sarà più cosi. Peraltro il rafforzamento della medicina territoriale è anche previsto dal Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza. Le risorse ci saranno. Starà a noi saper cogliere questa opportunità».
Rubando una domanda che anche il giornalista di Report pose durante un’intervista dell’aprile scorso: Lei si sente un “Somarello”? E cosa ha da dire in merito alle “altre statuine del Presepio” di cui discute durante l’intervista?
«Diciamo che tra i vari epiteti emersi in quelle chat, “somarello” è certamente quello che mi da meno fastidio. Gli asini, infatti, sono dei bellissimi animali e hanno molte caratteristiche positive, purtroppo ce ne sono sempre meno. Inoltre un asino che raglia lo si sente a kilometri di distanza, anche se è solo. Anche la mia voce di denuncia era isolata, prima di guadagnare, mio malgrado, gli onori della cronaca. Inoltre a me piacciono moltissimo i Presepi, quando sono a Napoli non posso non passare per via S. Gregorio Armeno e dintorni».
Un tema già di gran lunga affrontato anche a “Non è l’Arena” di Giletti, quello dell’origine della Covid-19. Lei quando un mese fa è stato ospite da Giletti ha stabilito che l’idea di un incidente di laboratorio dietro all’origine del Sars-CoV-2 non sia del tutto da escludere. Per quale ragione?
«Non è una cosa che dico io in realtà. C’è stata una missione dell’OMS in Cina per risalire all’origine del Covid-19. Al termine della missione è stato redatto un rapporto – disponibile sul sito dell’OMS – dove vengono descritte le 4 possibili origini del virus. L’ipotesi data come più probabile è di uno spill over all’uomo attraverso un ospite intermedio. Ma la fuga accidentale da un laboratorio non è scartata. Viene definita come altamente improbabile, ma al momento non ci sono abbastanza elementi per poterla escludere».
Un’ultima osservazione. Riascoltando in differita la sua dichiarazione circa l’origine del Sars-CoV-2 al programma di Giletti, abbiamo notato che l’ultima parte in cui Lei menziona i numerosi laboratori di Coronavirus a Wuhan, è stata silenziata. Che idea si è fatto in merito?
«Non ho dato molta importanza. In realtà dei molti laboratori a Wuhan, dei livelli di bio sicurezza degli stessi, del trasloco di uno di essi nella metà di dicembre del 2019 si è parlato molto recentemente. Proprio nel rapporto fatto al termine della missione in Cina si fa riferimento al trasloco di uno di questi laboratori, ma si specifica che il trasloco è avvenuto senza incidenti. Credo sia giusto parlarne – senza alimentare teorie complottistiche – per arrivare, anche in questo caso, alla verità».
Intanto crescono le iniziative dei cittadini pro-Zambon e prova ne è il successo del gruppo di Facebook, che lo stesso Zambon cita nel suo libro, Tutti con Francesco Zambon che in questi giorni è arrivato a sfiorare gli 8000 iscritti e che ha in animo di organizzare un flashmob in contemporanea in tre città, Venezia ovviamente, Roma e Napoli.
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