Terremoto del 1980, 42 anni fa il Sisma dell’Irpinia, Piantedosi: “Una ferita incancellabile”
A 42 anni dal terremoto in Irpinia ancora forti le parole dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini
“Quarantadue anni fa un terribile sisma colpì la mia Irpinia, portando morte e devastazione. Rimane una ferita incancellabile per questa meravigliosa terra, così come indelebile è il ricordo della straordinaria solidarietà di moltissimi, in Italia e all’estero, che si mobilitarono per portare aiuto alle comunità martoriate, altrettanto doveroso è sottolineare lo sforzo e il grande percorso di rinascita e di crescita di quei territori, messo in atto dalla popolazione e dalle istituzioni”. Con queste parole, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha voluto ricordare quel tragico 23 novembre del 1980.
Erano le 19:34, era domenica, quando la terra tremò per 90 secondi. Un sisma di magnitudo 6.9 della scala Richter (X grado della scala Mercalli) con epicentro a 15 chilometri di profondità, la cui onda si propagò per oltre 17mila chilometri quadrati. La scossa principale fu seguita da ulteriori tre eventi nel minuto successivo.
Le zone colpite dal terremoto
90 secondi “infiniti”, di terrore, di paura, che rasero interamente al suolo sei comuni: Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni e Conza della Campania in provincia di Avellino, Laviano, Santomenna e Castelnuovo di Conza in provincia di Salerno.
Regioni colpite: 3 (Campania, Basilicata e Puglia). Comuni colpiti: 687 (542 in Campania, 131 in Basilicata e 14 in Puglia). Di questi, 37 «disastrati», 314 «gravemente danneggiati» e 336 «danneggiati». In totale, l’8,5% per cento degli 8.086 comuni italiani.
Le vittime
Le vittime di quella notte di scosse e paura furono 2.914, e i feriti 8.848. Un bilancio cui vanno aggiunti circa 300mila sfollati. 90 secondi “infiniti”, di terrore, di paura, che rasero interamente al suolo sei comuni: Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni e Conza della Campania in provincia di Avellino, Laviano, Santomenna e Castelnuovo di Conza in provincia di Salerno.
Le parole dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini
L’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, ricevuta la notizia della tragedia, sebbene il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri il 25 novembre si recò in elicottero sui luoghi della tragedia. Di ritorno dei luoghi del disastro il 26 novembre il Presidente Pertini fece un discorso alla nazione a reti unificate nel quale denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni: «Sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi paesi rasi al suolo, la disperazione dei sopravvissuti>>
Le dure parole di Pertini provocarono l’immediata rimozione del prefetto di Avellino e le dimissioni del ministro degli Interni Rognoni che vennero respinte.
Mai in un discorso istituzionale si erano mai ascoltate parole così dure, ma che entrarono a far parte della storia.
Il Presidente Pertini terminò il discorso facendo appello alla solidarietà umana degli italiani: “A tutte le italiane e gli italiani: qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono sentirsi mobilitati per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa sciagura perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”. Queste parole riuscirono a mobilizzare un gran numero di volontari che si recarono nelle zone del sisma per portare aiuto.
La visita di Giovanni Paolo II nei luoghi colpiti dal sisma
Tra i simboli di quella tragedia, resta il crollo della chiesa di Balvano, piccolo comune in provincia di Potenza, dove morirono 77 persone, soprattutto bambini e ragazzi che, al momento del sisma, cantavano durante la Messa. In questo luogo devastato dal terremoto si recò anche Giovanni Paolo II. A Balvano Papa Wojtyła salì su un banco della scuola locale recuperato tra cumuli di macerie. Era il 25 novembre del 1980, 48 ore dopo la scossa. E su quel banco, diventato cattedra e altare, il Pontefice pronunciò queste parole nella piazza del paese: Ho sentito un dovere, un impulso del cuore, della coscienza, di venire qui, di essere, almeno parzialmente, più vicino a voi sofferenti, a voi che avete sofferto e a voi che soffrite. Questa necessità interiore è certamente causata da una compassione, non da una sensazione. Da una compassione umana e cristiana. Voi terremotati, feriti, colpiti, senza casa – e con voi, i vostri morti – siete certamente circondati da una compassione umana e cristiana da parte di tutti i vostri connazionali, di tutta l’Italia e siete specialmente circondati della compassione della Chiesa. E io vengo, carissimi fratelli e sorelle, per mostrarvi il significato di questa vicinanza; per dirvi che siamo vicino a voi per darvi un segno di quella speranza, che per l’uomo deve essere l’altro uomo. Per l’uomo sofferente, l’uomo sano; per un ferito, un medico, un assistente, un infermiere; per un cristiano, un sacerdote. Così un uomo per un altro uomo. E quando soffrono tanti uomini ci vogliono tanti uomini, molti uomini, per essere accanto a quelli che soffrono”.
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